lunedì 12 maggio 2014

Fermata: Gabbro – Assietta | Donne che si reinventano. Al #MammaCheBlog

  • In Italia, lo scorso anno, una neo mamma su quattro ha lasciato o perso il lavoro che svolgeva quando era incinta. 
  • A distanza di due anni dalla nascita del figlio, solo la metà delle mamme italiane hanno un lavoro.
  • Oggi in Italia il 53,5% delle donne in età lavorativa non lavora. 
  • Sul totale della popolazione femminile italiana, solo il 40,7% ha un lavoro, mentre la media europea è del 58,5%.
  • In Italia, in una coppia ogni tre – tra i 25 e i 54 anni – la donna non percepisce redditi; in Francia la stessa situazione capita in una coppia su dieci e in Spagna in una su cinque. 
(Dati Istat 2012)

È il quadro che racconta di un Paese che ancora non mette in campo adeguati strumenti che permettano la conciliazione famiglia-lavoro, e a farne le spese sono le donne. Che spesso non vogliono fare “solo le mamme”, e a volte si arrangiano come possono, che provano a reinventarsi un lavoro, anche molto diverso da quello di prima, mettendo in campo le proprie risorse e capacità e ripartendo dalle proprie passioni.


Alessia
Una laurea in biotecnologie industriali a indirizzo molecolare. Un lavoro in un laboratorio di citogenetica. E poi l’arrivo di Chiara. Ora, se le chiedi cosa fa nella vita, risponde “Faccio la mamma”.
Alessia stava lavorando con un assegno di ricerca, rinnovato annualmente, quando rimase incinta della prima bambina. Il suo contratto non prevedeva maternità, così, alla scadenza dell’assegno, restò a casa con la promessa di poter rientrare quando la bimba fosse stata sufficientemente grande, dopo qualche mese. E così fu, perché dopo un anno la borsa di studio le fu riassegnata. Ma nel 2011 un nuovo test di gravidanza positivo non fu accolto altrettanto bene. “In contemporanea anche l’altra mia collega era rimasta incinta, – racconta Alessia – la mia direttrice si arrabbiò e dichiarò che non ne voleva più sapere di entrambe”. Giulia è nata un anno fa ma questa volta dal laboratorio non è più arrivata nessuna proposta. “Oggi il mio lavoro è fare la mamma, a casa”. Ma la considera una situazione temporanea: “Sono abbastanza contenta di essere a casa con le mie bambine. Credo sia importante per loro avermi vicino ed è importante per me vederle crescere. Ma appena andranno entrambe alla scuola materna, avendo anche molto aiuto a disposizione, tornerei volentieri a lavorare”. Vorrebbe cambiare tipo di lavoro, fare qualcosa che non le porti via troppo tempo e sia un’occupazione meno di laboratorio e più “umana”. Vorrebbe aprire un nido famiglia. Vorrebbe: tanti sogni e desideri.


Francesca
Lei, prima di Carola, faceva l'educatrice in un asilo nido. Quale ambiente migliore potrebbe accogliere positivamente l'annuncio di una nuova gravidanza?
Eppure così non è stato. Quando Francesca ha portato l'annuncio di un test positivo, il clima amichevole che c'era sempre stato con la sua datrice di lavoro è diventato di ghiaccio.
Sono seguiti mesi di mobbing, di stipendi non pagati, di stress. Alla fine, Francesca ha deciso di rivolgersi ai sindacati, che di fronte alla situazione così critica le hanno consigliato di rinunciare al suo contratto a tempo indeterminato e licenziarsi, per provare a usufruire di altri vantaggi previsti dalla legge.
Dire che ci è rimasta male è poco. “Ero quella che apriva il nido al mattino e lo chiudeva alla sera, al lavoro davo la parte migliore di me stessa – racconta lei. – Sembrava un momento perfetto, sia io che il mio compagno avevamo un contratto a tempo indeterminato, avevamo una casa, mancava solo Carola...”.
Carola è arrivata, ma tutte le altre carte invece sono state sparigliate.
“Sono felice di essere rimasta a casa a dedicare tempo alla mia bambina prima del suo arrivo, e poi esserle accanto nei primi anni di vita. Fino al suo anno sarei rimasta a casa comunque in maternità, ma qualcosa del lavoro mi è mancato. Non tanto lo stipendio, dal punto di vista economica abbiamo calcolato che ce l'avremmo potuta fare ugualmente, ma soprattutto dal punto di vista sociale. L'isolamento mi è pesato tanto”.
La rete è stata di grande aiuto. Già durante la gravidanza si era buttata nel mondo dei blog dedicati alle mamme, e da lì è nata una nuova possibilità.
Da due anni ormai “fa la blogger”, collaborando soprattutto con Periodo fertile, testando prodotti per l'infanzia, facendo recensioni, scrivendo articoli su tematiche legate alla maternità ad alto contatto e ecosostenibile.
“È un lavoro che, se non avessi avuto Carola, non avrei potuto fare. La sua nascita mi ha portato a scoprire delle capacità e delle passioni che non sapevo di avere, e a reinventarmi un lavoro che non sapevo di poter fare”.


Francesca è una delle tante mamme che si sono reinventate un lavoro dalla maternità, sfruttando la rete e i blog.
Come lei se ne potranno incontrare centinaia a Milano il prossimo weekend, venerdì 16 e sabato 17 maggio, al #MammaCheBlog.

Quanta Village, via Assietta 19, Milano.
FN Affori - MM3 Affori - Bus 
41 e 82

4 commenti:

  1. Ciao, bellissimo articolo, complimenti. Sarò anch'io al mammacheblog venerdì e sabato per raccontare la mia storia: quella di una mamma con la depressione post partum in un periodo di precarietà economica ed emozionale.:)

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  2. ciao Valentina, grazie! Se ci sei venerdì proviamo a incrociarci, magari ti va di raccontare la tua storia anche a me... Ne parliamo di persona!

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  3. Ciao Marta! Dai, sarebbe bello! Ti lascio intanto anche il link del mio sito in cui parlo appunto di depressione post partum: www.post-partum.it. Racconto volentieri la mia storia, bisogna condividere:)

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    1. sono d'accordo... e il tuo blog lo conoscevo già ;) a presto!

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