venerdì 7 marzo 2014

Fermata: Affori FN | Mohamed e la carica dei 1600

Lui si chiama Mohamed.
Nulla di originale, dato che sono quasi milleseicento, a Milano, i piccoli imprenditori che portano Mohamed come nome o cognome.

E in effetti lui una certa differenza la nota, dice, tra italiani e immigrati. Ha tanti amici italiani, che generalmente preferiscono avere un lavoro fisso, sapere con sicurezza quanto prendono ogni mese. Loro hanno cercato un lavoro. Lui, invece, così come tanti che sono nati fuori dall'Italia e ora vivono qui, il lavoro preferiscono crearselo.
Probabilmente è una mentalità diversa - pensa - un fatto culturale.

A lui non piace chiedere aiuto, non gli è mai piaciuto e non l'ha mai fatto.
Non ha mai chiesto una casa popolare, come tanti altri invece fanno, e ha presto comprato la sua casa.
Ha dovuto cercare lavoro sotto padrone per i primi anni in cui è stato in Italia, ma appena ha potuto si è messo in proprio. «Quando sono arrivato, nell'84, avevo i soldi per aprire da subito una mia attività e fare l'imprenditore, ma ho dovuto aspettare tre anni per avere i documenti in regola. Da allora, pronti via. Nel 1988 ero in società con un italiano, nel 1990 ho aperto il mio primo ristorante».
Quel ristorante che gli ha cambiato la vita.

Era al suo ultimo giorno di lavoro da dipendente in una pizzeria di un connazionale, egiziano, quando nel locale entrò la figlia del proprietario insieme a un'amica. La ragazza, marocchina, era arrivata in Italia con la madre per trovare il resto della famiglia emigrata, tre sorelle e due fratelli, e aveva fatto amicizia con la giovane egiziana. Per Mohamed la bella marocchina fu un colpo di fulmine: le lasciò il suo numero di telefono e l'indirizzo del locale in cui avrebbe potuto trovarlo dalla sera successiva. Lei lo chiamò davvero, il giorno dopo, e fu la sua prima cliente.
Due anni dopo, diventò anche sua moglie.

Ma la vita di Mohamed è stata segnata da imprevisti che hanno dato una svolta. Prima dell'amore, c'era stato il motivo che l'aveva portato – e trattenuto – in Italia.
«All'epoca stavo lavorando in Iraq. Era un bel lavoro, prestigioso, che avevo trovato dopo la mia laurea in Economia e Commercio al Cairo. Guadagnavo bene, milleduecento dollari al mese. Avevo già messo via un bel patrimonio. In occasione delle mie vacanze, in quello strano 1984, decisi di venire in Italia e girare un po'. Il secondo giorno di vacanza a Milano, ebbi un incidente in auto. Rimasi in ospedale tre settimane». Ma a quel punto, i tempi per tornare indietro erano scaduti e per un cavillo burocratico restò bloccato in Italia. Non si arrese, si diede da fare e trovò iniziò a fare il garzone in una pizzeria.
«È così che ho iniziato, io non avevo mai pensato di fare il ristoratore. Ma questo è quello che trovai all'epoca». Lo stipendio qui era di 400mila lire al mese, un bel salto indietro rispetto al suo lavoro in Iraq. Ma non si lamentò più di tanto e ne approfittò per imparare un mestiere per lui nuovo, fare gavetta e mettersi a posto.
E così, dopo quattro anni da dipendente, Mohamed aprì il suo primo ristorante, ad Affori.

Gli anni sono stati lunghi, e ha girato diversi indirizzi, prima in via Pellegrino Rossi, poi via Imbonati, poi fuori Milano. Quello che ha oggi, a 52 anni, è il suo quarto ristorante ed è di nuovo ad Affori, in via Scherillo. Con la crisi si fa fatica, dice, è evidente che ci siano meno persone che escono a mangiare. «Io cerco di crearmelo, il lavoro. Penso che non tocchi ad altri trovare il lavoro per me. Ci si deve dar da fare».

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