martedì 25 febbraio 2014

Fermata: Cusani - Broletto | La "Schiscetta" di Gabriel

Foto: Associazione Kayros
A casa, Gabriel era un bravo bambino. Non aveva mai dato particolari problemi, a scuola andava abbastanza bene, certo non era il primo della classe, ma la classe non può essere fatta solo di primi, e tutto sommato portare a casa sempre un po' più della sufficienza, in un età difficile come quella delle medie, poteva essere tollerato.
Non era uno di quelli con grandi impegni pomeridiani, qualche ora di judo e basta, niente oratorio, niente altre attività impegnative. Passava molto tempo con i suoi amici del quartiere, un po' al parchetto un po' a casa di uno o dell'altro, ma erano tutti ragazzi normali di famiglie bene. Mamma e papà erano tranquilli del loro Gabriel, insomma. Era uno di quelli che chiedeva la sua paghetta settimanale di dieci euro e se la faceva bastare.
Così credevano, mamma e papà.
Non sospettavano nulla, mamma e papà.


Fino al giorno in cui Gabriel venne arrestato, e loro scoprirono la doppia vita di Gabriel. Che, a dispetto del nome, non era proprio un angioletto, e di quei dieci euro di paghetta settimanale non sapeva che farsene.
Perché il passatempo preferito del ragazzino e dei suoi amici erano i furti. Rapine vere e proprie a volte, che gli guadagnavano cifre con uno o due zeri in più di quella sua paghetta. Era divertente, eccitante, facile persino.
Gabriel finì al carcere minorile Beccaria, e proprio non si rendeva conto di cosa stava combinando. Non aveva alcuna intenzione di mettere la testa a posto, anzi, la rabbia esplose ancora di più. I suoi atteggiamenti aggressivi e bulli gli valsero tre trasferimenti, Catania, Bologna, Bari. Poi, dopo tre anni, di nuovo Milano, e qui le cose iniziarono a cambiare. Crescendo, e gli aiuti che non gli sono mai mancati, iniziò a capire cosa aveva buttato via. Il suo secondo tempo al Beccaria fu molto diverso dal primo, tanto che dopo un anno il giudice si convinse a provare a farlo uscire e a mandarlo in comunità.
La scelta cadde su una delle comunità dell'associazione Kayros, legate al cappellano del carcere minorile don Claudio Burgio, e oggi, da poco più di un anno, vive lì.
Ci lavora, anche: più o meno quando è arrivato Gabriel, Kayros ha messo in campo un catering – i ragazzi l'hanno chiamato La schiscetta. Il sapore non si arresta – dove, oltre a imparare un lavoro, imparano a tornare alla vita normale e affrontano l'ingresso nell'età adulta con le carte in regola.

«Lui è uno di quelli che mi porto spesso anche nelle scuole o agli incontri con i genitori – racconta don Burgio – I ragazzi raccontano se stessi ed è un modo per aiutare i genitori a capire cosa si scatena dentro a questi ragazzini, qual è il mondo che gli passa nella testa. Gabriel affronta con entusiasmo questi incontri. Per lui è un modo per rileggersi ancora, e si sente grande e responsabile cercando di aiutare altri ragazzi nelle scuole o adulti che avrebbero potuto essere i suoi genitori».
Uno degli ultimi incontri in cui è intervenuto è stato a novembre, presso il Punto Enel di via Broletto: un “helping hour”, come l'hanno chiamato, un incontro di scambio per “genitori di ragazzi difficili”, accompagnato ovviamente dagli stuzzichini della Schiscetta.

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