Un uomo sui sessanta scende dal filobus della circolare
90 a metà di viale Molise, si incammina barcollando e scuotendo la testa verso
piazzale Cuoco, ma dopo un centinaio di metri si gira e torna indietro. Lo fa
per altre dieci volte, prima di decidersi a proseguire verso il suo malconcio
appartamento nel caseggiato di via Etruschi.
Se la scena può apparire strana in qualunque altro posto,
non lo è qui, quartiere Molise-Calvairate, una sorta di periferia disagiata a
dieci minuti di tram da piazza Duomo. Questa, con i suoi tremila alloggi Aler
compresi tra piazza Martini e piazzale Cuoco, è la zona di Milano con la più
alta concentrazione di persone con disagio psichico.
Sette sofferenti psichici, in media, in ogni caseggiato
popolare.
Centocinquantacinque, in totale, le persone affette da
disturbi mentali.
Non quantificabili coloro che hanno problemi mentali e
gravitano in zona, compresi molti clochard, che sono fuori dal circuito di
aiuto.
Ecco a voi, signore e signori, il “quartiere del matti”,
quartiere con il più alto tasso di malati psichici in tutta Europa.
La zona, costruita all’inizio del Novecento per ospitare
le famiglie dei tramvieri dell’Azienda trasporti milanese, nei primi anni
Ottanta si è popolato di persone con disagio psichiatrico, senza tetto e anche
coloro che un tetto lo hanno, ma vivono in condizioni psicofisiche precarie.
Gennaro per molti anni ha vissuto in una baracca dalle
condizioni igieniche e sanitarie pessime. Spesso lo si vedeva in giro, nel
quartiere, mentre vagava senza meta. Poi improvvisamente è sparito dalla
circolazione. Nessuno sapeva come fare a rintracciarlo, molti erano preoccupati
per lui. Lo hanno trovato dopo molti giorni nella sua baracca, quasi morto.
Aveva una gravissima polmonite, non era stato in grado di chiedere aiuto a
qualcuno. Lo ricoverarono e lo sottoposero a un Tso. Dopo mesi di degenza in
ospedale, per la prima volta nella sua vita accettò di farsi seguire in un
centro d’accoglienza. Ora sta bene, è seguito dai servizi sociali e da un'associazione
di volontariato del territorio, e ha capito che tutte le cure, a cominciare dal
Tso, che prima rifiutava, gli sono state utili.
Sono molte però le persone affette da disturbi psichici,
come Gennaro, che non accettano alcun tipo di cura. Per intervenire sui malati
che rifiutano qualsiasi tipo di aiuto, i servizi sociali e sanitari possono
fare ricorso ai Tso, il “trattamento sanitario obbligatorio”, strumento di cura
imposto al malato, spesso contro la sua volontà, quando appare evidente che il
paziente possa recare gravi danni a se stesso o agli altri.
«Quando i miei fratelli hanno attivato il Tso – racconta
Claudio, ex senza dimora affetto da disagio psichiatrico grave – non mi rendevo
conto di cosa mi stessero facendo. Ricordo solo una grandissima rabbia, e
l’impulso a ribellarmi». In seguito, dopo mesi di sofferenze, Claudio è
riuscito a iniziare un percorso di cura. E soprattutto a entrare in un centro
di accoglienza. E oggi ha ripreso una vita quasi normale.
Ma le storie, da queste parti, spesso non finiscono bene.
Anche Giuliano viveva in una casa Aler di via degli Etruschi. È stato trovato
un giorno di settembre, morto da tempo, solo, nel suo appartamento. La scena
che si è presentata a chi ha – finalmente – aperto la porta era desolante:
sporcizia, rifiuti ovunque, Giuliano abbandonato a se stesso. Nessuno era stato
in grado di aiutarlo nella vita quotidiana perché lui, a un certo punto, si era
rifiutato di aprire la porta di casa. Franca, presidente del Comitato inquilini
Molise-Calvairate-Ponti, ricorda che in quell'ultima estate lui aveva chiesto
aiuto per l'ultima volta: «Sto male, sto male e non mi curano. In casa il
lavandino si è staccato e sta per cadere. Mi piove sul water. Lo sciacquone non
va. Mi hanno staccato il gas perché non posso pagare le bollette e ora ho paura
che mi vengano a togliere anche la luce». Franca si era attivata per aiutarlo e
aveva contattato il Centro psico-sociale della zona. Ma il lavoro anche per
loro è tanto e risorse e personale scarsi, e la risposta era stata secca: fino
a settembre non si sarebbe potuti intervenire. Ma quel giorno, fissato per la
visita domiciliare, Giuliano era già morto da tempo.
Nessun commento:
Posta un commento