mercoledì 6 marzo 2013

Fermata: Piazzale Brescia – Viale Murillo

Giulio sfoglia l'agenda, seduto su un autobus semivuoto, e dà un'occhiata agli impegni già segnati per la settimana. Domani, ore 9, accompagnare la signora Luisa alla visita specialistica dall'oculista. Il mercoledì è il giorno del supermercato, l'hanno concordato con un gruppetto di anziane. Poi al pomeriggio, così come al venerdì, c'è la riunione al centro di ascolto della parrocchia. Giovedì pomeriggio invece ha in programma l'accompagnamento del signor Russo alla terapia di riabilitazione. 
La 90 supera piazzale Brescia e accosta alla pensilina della fermata. Quartiere San Siro di una Milano torrida che si sta già svuotando per le ferie, anche se non è più il deserto di qualche agosto fa. Direzione: via Maratta 3, la sede dei custodi sociali, e poi via Abbiati, dove al numero 5, uno dei tanti palazzoni Aler del quadrilatero che conta a oggi circa 600 anziani, lo aspetta per un caffè la Teresa. Anzi, la vispa Teresa, come la chiama lui.

Lei è una donnina piccola e magra, con un vestito celeste, un fazzoletto rosa in testa e quasi ottant'anni sulle spalle. Parla a ruota libera, la Teresa, non appena incontra qualcuno disposto ad ascoltarla. E sa che il “custode” Giulio lo è. Oggi l'aria estiva le fa riaffiorare i ricordi, alcuni ingialliti altri scattati già in digitale, delle sue vacanze. 

Sì perché la Teresa ha girato tutta l'Italia nella sua vita, «tutta tranne Trieste – che peccato – dicono sia molto bella», fino a cinque anni fa, quando un tumore l'ha costretta a fermarsi. È stata in ospedale per cinque mesi, è stata operata e le è andata bene, ma ora porta ancora i segni della malattia, e può mangiare solo frullati, yogurt e omogeneizzati. Il giorno dell'operazione, al suo risveglio, accanto al letto c'era il Giulio.
Teresa non è sposata, suo fratello sta a Bergamo, troppo vecchio e acciaccato per muoversi, l'unica nipote fa l'insegnante di golf ed è sempre in viaggio per il mondo. Ha due care amiche, a Pesaro e a Ventimiglia, che la invitano spesso ad andare a trovarle, ma da quando ha avuto il tumore non si muove più di casa, «per via di quello che dovrei mangiare, sarei solo un fastidi». Per fortuna nel palazzo si conoscono in molti, ci sono diversi anziani e tentano di aiutarsi come possono. La vicina, quando va all'Esselunga, le citofona sempre per chiedere se ha bisogno di qualcosa. C'è un piccolo sodalizio tra le vecchiette del palazzone: chi ha la possibilità di andare a fare la spesa cerca di prendere anche qualcosina del necessario per le vicine: almeno il pane e il latte.
L'estate della Teresa quest'anno sta trascorrendo uguale a quelle degli ultimi anni, uguale a tutti gli altri mesi dell'anno: due passi fino ai giardinetti di piazzale Selinunte insieme al gruppetto dei vicini e una chiacchierata sulle panchine. «Ma dovrebbero cambiarle, quelle maledette panchine – si lamenta col suo Giulio – sono tutte scassate, torno a casa sempre con il mal di schiena. Ho tenuto le pagine dei giornali in cui si parla dei servizi agli anziani, voglio chiamare il numero verde che c'è scritto e protestare per le panchine». A volte mangiano anche un gelato, e poi si raccontano le cose da vecchi, del tipo sum andaà dal dutur-me fan mal i gamb-me fa mal la testa. Si stanca in fretta, la Teresa, di questi discorsi: non voleva mica finire a fare la vecchietta su una panchina di un quartiere popolare. Le sue vacanze non le ha sempre trascorse in città, anzi. «Ero signorina, ma stavi minga in cà, nè! – racconta al Giulio, che sorride paziente –. Ho visitato tutta la penisola, e non mi sono fatta mancare nemmeno la Costa Brava in Spagna e la Costa Azzurra in Francia». A Nizza ci andava in giornata, quando era ospite dall'amica di Ventimiglia. «Allora ci mettevamo in posa davanti agli alberghi più belli e costosi, con la mano sulla maniglia della porta di ingresso, e ci facevamo la foto. Poi scappavamo via, facevamo solo finta di entrare». Ridacchia. Poi guarda giù dalla finestra la strada di una Milano di cemento incandescente. «Però, Trieste... quasi quasi, appena sarò guarita, ci vado».

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