mercoledì 1 marzo 2017

Una sera in Cadorna. Benvenuti nella Città di M.

Sono seduti, incurvati uno verso l'altro, sulle panchine fredde di Cadorna, in una sera di febbraio.

Quello più giovane, con una giacca a vento a righe colorate, chiacchiera e chiacchiera. 
Il suo compagno più anziano ascolta, e tra una risposta smozzicata e l'altra tira fuori un brick di vino da una busta di plastica per dare una sorsata.

D'improvviso, ogni tanto, l'uomoconlagiaccaarighe scatta in piedi e con poche falcate attraversa la stazione verso le biglietterie automatiche.

Ha visto qualcuno che deve fare un biglietto e lui si fionda, provando a ricavare qualche spicciolo in cambio di un aiuto non richiesto.

È proprio mentre l'anziano è rimasto solo, con le parole rimaste nell'aria a inseguire il compagno scomparso, che si avvicinano due ragazze dai tratti asiatici.
Arrivano con un sacchetto di carta, lo porgono all'uomo, restano pochi secondi e se ne vanno.

Torna l'uomoconlagiaccaarighe, frugano dentro il sacchetto e ne estraggono delle focacce ripiene.
I toni si alzano, stanno discutendo di dove passare le notti, di come e dove tenere al sicuro i vestiti e i pochi soldi.
«Io non ci torno più lì, è proprio un rospo quello», allude l'uomoconlagiaccaarighe a qualcuno che gli aveva prima dato un riparo e poi rifilata una fregatura.
«Mia figlia mi dice che non potrò mai andare in una casa perché puzzo troppo», risponde l'anziano accendendosi una sigaretta.

È allora che arriva un terzo e si siede accanto a loro.  
«Non si può fumare qui in stazione», dice solenne. Poi estrae anche lui un pacchetto.
«Ma se fumano tutti qui quelli che lavorano, qui dentro! Non ci possono rompere il ca... a noi».
«Siete italiani?», chiede il nuovo arrivato.
«Sì, tutti e due –, risponde l'uomoconlagiaccaarighe . – Io sono nato qua, in San Babila, e ci ho vissuto cinquant'anni. Ho lavorato una vita, qua. 
Ma adesso è diventata una città di merda questa.
Si chiama M, è la Città di M. Ma emme non sta più per Milano: avete capito, no?».


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