Sono seduti, incurvati uno verso
l'altro, sulle panchine fredde di Cadorna, in una sera di febbraio.
Quello più giovane, con una giacca a vento a righe colorate, chiacchiera e chiacchiera.
Il suo compagno
più anziano ascolta, e tra una risposta smozzicata e l'altra tira
fuori un brick di vino da una busta di plastica per dare una
sorsata.
D'improvviso, ogni tanto, l'uomoconlagiaccaarighe
scatta in piedi e con poche falcate attraversa la stazione verso le
biglietterie automatiche.
Ha visto qualcuno che deve fare un
biglietto e lui si fionda, provando a ricavare qualche spicciolo in
cambio di un aiuto non richiesto.
È proprio mentre l'anziano è rimasto
solo, con le parole rimaste nell'aria a inseguire il compagno
scomparso, che si avvicinano due ragazze dai tratti asiatici.
Arrivano con un sacchetto di carta, lo porgono
all'uomo, restano pochi secondi e se ne vanno.
Torna l'uomoconlagiaccaarighe,
frugano dentro il sacchetto e ne estraggono delle focacce ripiene.
I toni si alzano, stanno discutendo di
dove passare le notti, di come e dove tenere al sicuro i vestiti e i
pochi soldi.
«Io
non ci torno più lì, è proprio un rospo quello»,
allude l'uomoconlagiaccaarighe a qualcuno che gli aveva prima dato un
riparo e poi rifilata una fregatura.
«Mia
figlia mi dice che non potrò mai andare in una casa perché puzzo
troppo», risponde
l'anziano accendendosi una sigaretta.
È allora che arriva un terzo e si
siede accanto a loro.
«Non
si può fumare qui in stazione»,
dice solenne. Poi estrae anche lui un pacchetto.
«Ma
se fumano tutti qui quelli che lavorano, qui dentro! Non ci possono
rompere il ca... a noi».
«Siete
italiani?», chiede il
nuovo arrivato.
«Sì,
tutti e due –, risponde l'uomoconlagiaccaarighe . – Io sono
nato qua, in San Babila, e ci ho vissuto cinquant'anni. Ho lavorato
una vita, qua.
Ma adesso è diventata una città di merda questa.
Si chiama M, è la Città di M. Ma emme
non sta più per Milano: avete capito, no?».
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