Vi avevo mostrato
qui, un mese fa, le foto del cantiere di Expo.
Sui giornali e in
molti gruppi – seguitissimi – su Facebook c'è ancora molta
curiosità sul destino dei padiglioni dell'area, sullo stato dei
lavori e sui progetti futuri, sul riutilizzo degli arredi (proprio di
questi giorni è la notizia del riposizionamento delle panchine della Germania in un parco milanese).
Parte del verde è
stato recuperato da una squadra di volontari che si è presa a cuore
questo progetto e che ha salvato molte delle piante per cui non era
stato pensato un nuovo utilizzo.
Al padiglione di
Israele, che vantava una intera “parete verde”, ha lavorato una
ditta di professionisti.
Guido Bertini,
giovane imprenditore a capo della GB Irrigazione, ha avuto l'appalto
per smontare il “vertical field” (il campo verticale) del
padiglione di Israele. E ce lo ha raccontato.
«È
stato emozionante ritornare nel sito a manifestazione conclusa.
Ho visitato il sito di Expo in diverse occasioni, sia di giorno che di sera. Il decumano che ricordo ad agosto come un fiume di persone che con il loro chiacchierare e osservare rendevano vivo il sito, oggi è una strada a doppio senso dove passano i mezzi per lo smantellamento. Camion, ruspe, cassoni, furgoni...».
Ho visitato il sito di Expo in diverse occasioni, sia di giorno che di sera. Il decumano che ricordo ad agosto come un fiume di persone che con il loro chiacchierare e osservare rendevano vivo il sito, oggi è una strada a doppio senso dove passano i mezzi per lo smantellamento. Camion, ruspe, cassoni, furgoni...».
Lui e i suoi addetti in pratica
hanno smontato gli oltre 6500 moduli che componevano la parete verde,
li hanno posati su bancali e poi trasferiti in un magazzino per la
lavorazione successiva.
Dunque, non tutto viene buttato.
«La
parete è composta da una struttura che sostiene i moduli. La
struttura di ferro è parte del padiglione stesso e sarà demolita e
recuperata.
L'impianto d'irrigazione, invece, è composto da
diversi elementi. Ad oggi sono stati tutti recuperati e stoccati in
magazzino. Di alcuni componenti dovremo valutare le condizioni
attuali e quali sono le possibilità di recupero in nuovi progetti.
Il recupero sarà intorno al 90%.
Infine, per quanto riguarda i
moduli, questi verranno completamente svuotati dalle essenze
coltivate, poi recuperati e stoccati per i prossimi progetti;
butteremo solo quelli danneggiati e quindi irrecuperabili».
La parte vegetale, infine, verrà
smaltita alla piattaforma ecologica e sarà destinata a produrre
compost.
Anche la terra verrà destinata alla piattaforma ecologica:
è ottima, ci spiega Guido, ma riutilizzarla per nuovi progetti costa
di più che smaltirla: «Bisogna infatti considerare molti fattori: per renderla di nuovo vendibile deve essere lavorata e deve passare diverse fasi: triturazione, vagliatura, sanificazione sono solo alcuni passaggi necessari».
Guido aveva visitato il padiglione
Israele durante l'estate: è stato uno di quelli che ha apprezzato di
più, insieme a Emirati Arabi e Santa Sede.
«Israele
raccontava la storia di quanto avvenuto in quei luoghi. Io ho avuto
la fortuna di andarci e ho visitato il Kibutz di Hazerim dove è
nata l'irrigazione a goccia e dove oggi è c'è un centro di ricerca
e sviluppo di questi sistemi. Noi, nel nostro lavoro quotidiano,
realizziamo impianti d'irrigazione innovativi e attenti al risparmio
idrico e utilizziamo proprio i sistemi a goccia isrealiani».
Guido è passato a vedere anche
l'Albero della Vita: «oggi
è spento, non fiorito, l'acqua ai suoi piedi immobile... Abbiamo
guardato lo spettacolo, abbiamo ascoltato la musica, abbiamo provato
emozioni... E allora? Allora dobbiamo chiederci che cosa ciascuno di
noi possa fare ogni giorno per nutrire il pianeta, per dare energia
per la vita. Io, Guido, cosa posso fare? Insegnare a irrigare bene
può essere una risposta?
Oggi si spreca tantissima acqua,
bagnando male e troppo. Per renderla potabile si usa anidride
carbonica che poi finisce nell'atmosfera. Se bagno troppo il mio
giardino, si creano muffe e funghi e per questo devo nuovamente intervenire per rimediare, con prodotti che inquinano ulteriormente. E così via.
Se invece impariamo a gestire meglio
tutte le risorse di cui disponiamo, potremo ridurre il nostro impatto
sull'ambiente e avremo davvero aiutato a nutrire il pianeta».
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