venerdì 6 novembre 2015

Storia di un teatro di periferia che divenne un Refettorio molto speciale

C'era una volta un vecchio teatro parrocchiale, in uno di quei quartieri della periferia che si credono ancora paese, come prima della “Grande Milano”.
Un teatro che ha vissuto tempi di gloria, accogliendo sul suo palcoscenico da Renzo Arbore al trio Aldo, Giovanni e Giacomo. Un teatro che ha vissuto anche tempi di abbandono, – e questo è il passato recente – è rimasto chiuso, soppiantato da altre forme di intrattenimento.

Ma il teatro di Greco, poco più di un anno fa, è stato scelto per diventare sede di un progetto speciale, ideato dallo chef Massimo Bottura (il cuoco numero due al mondo, nel 2015) e dal regista Davide Rampello, noto ultimamente per essere il curatore del famoso Padiglione Zero dell'Expo, e realizzato con l'aiuto della diocesi e della Caritas ambrosiane.
Oggi il vecchio teatro anni '30 si è trasformato nel Refettorio Ambrosiano, un luogo di bellezza e solidarietà, l'eredità “fisica” che la Chiesa in Expo ha voluto lasciare alla città di Milano.

Grazie a un restauro di tutto rispetto è stato trasformato in una mensa speciale, con 90 posti riservati alle persone senza dimora e ai nuovi poveri seguiti dalla Caritas, che qui hanno trovato qualcosa di più di un semplice, per quanto importante, pasto caldo. Il Refettorio – e ci tengono a chiamarlo così, non “mensa”, perché più simile ai locali dove si radunavano i frati nei conventi – ha alle pareti opere d'arte, e sul pavimento dodici tavoli, ciascuno diverso dall'altro, ciascuno opera di un designer. «Anche il povero ha diritto alla bellezza – ha più volte insistito il cardinale Scola – Non bisogna nutrire solo il corpo, ma anche lo spirito». E questo posto è davvero pieno di scelte che nutrono lo spirito.





Il Refettorio ha iniziato a funzionare poco dopo l'apertura dell'Expo, e proprio all'Expo ha voluto dare la sua prima lezione: gli ingredienti dei piatti erano le eccedenze del supermercato della Coop all'interno del sito espositivo. Ogni mattina un camion caricava in Expo quanto avanzato dal giorno precedente e lo portava qui. Gli chef “di turno” hanno dovuto, ogni giorno, pensare il proprio menù al momento: con quello che c'era, senza sprecare nulla, senza buttare niente. In sei mesi sono state trasformate 10 tonnellate di cosiddette eccedenze alimentari in 12mila pasti di qualità. 

Ai fornelli si sono alternati i più importanti chef di tutto il mondo: dal francese Alain Ducasse a Daniel Humm, arrivato apposta dal suo ristorante tre stelle Michelin di New York, dai “nostrani” Oldani, Berton e Santini al brasiliano David Hertz, che ha cucinato insieme alla sua squadra di Gastromotiva, un progetto sociale che a Sao Paulo, attraverso corsi di cucina gratuiti, forma e avvia al lavoro ragazzi delle favelas brasiliane e donne in uscita dal carcere che, tramite questa opportunità unica, possono trovare la loro occasione di rialzarsi.

C'è stato il giorno in cui in cucina e tra i tavoli hanno lavorato un gruppo di giovani professionisti della ristorazione italiana: Guido, Gina, Maurizio e i loro colleghi di quattro ristoranti di Roma, Venezia e Lucca hanno disabilità mentali o la sindrome di Down, e a metà ottobre hanno servito un menù da sei portate agli ospiti del Refettorio.

C'è stato anche il giorno in cui a cucinare e servire piatti internazionali sono stati i membri di uno del club più esclusivi al mondo: c'erano il cuoco della Regina Elisabetta, la capo chef della famiglia Obama, i cuochi dello staff del Quirinale, lo chef del Principe di Monaco, e poi quello dell'Eliseo e di altri venti capi di stato.



Ma i giorni più importanti iniziano ora, che Expo non c'è più e il Refettorio Ambrosiano invece resta, luogo dove trovare non solo un pasto caldo, ma anche un aiuto a cercare un lavoro e a rimettersi in piedi, dove trovare una comunità.
E luogo dove anche il quartiere di Greco deve imparare a ripensarsi, ad accogliersi e accogliere la sua nuova identità, di città in cui si mescolano anche povertà, immigrazioni e solitudini.

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