Andrè ritira il premio per la sua start-up |
E non è poco di questi tempi.
Ma c’è di più, perché quello che il nostro protagonista sta costruendo è una vera e propria rete di piccole imprese familiari che si occupano di allevamento e di produzione di prodotti agroalimentari.
Lui vuole creare una intera “catena di produzione”, che permetta di far girare l’economia del suo territorio, garantendo lavoro e benessere a molte famiglie, e che sia anche sostenibile e rispettosa dell’ambiente.
Di storie così, forse, nei mesi in cui tanto si è parlato di Expo, ne avete già sentite.
Ma questa ha qualcosa di speciale.
Perché tutto questo André lo sta facendo nel suo paese, nella città di Buslin, in Burundi: un piccolo paese nel mezzo del continente africano, schiacciato tra la Tanzania e la Repubblica Democratica del Congo.
André Ndereyimana ha trentacinque anni, si è laureato in Scienze agrarie e ora sta completando il suo dottorato all’Università Cattolica a Piacenza.
Lui in Italia è arrivato nel 2003, quando ha vinto una borsa di studio erogata dalla Fondazione Giovanni e Carmela Scarpitti di Roma.
In primavera fa ha vinto di nuovo un premio, questa volta per la sua start-up, che gli ha permesso in questi giorni di regolarizzare la parte amministrativa della sua impresa.
«In realtà ci stiamo già lavorando da un anno. L’obiettivo è costruire una rete di allevamento con famiglie rurali e periurbane della cintura attorno a Bujumbura, capitale del Burundi – racconta André – Siamo partiti dall’allevamento dei suini, perché sono i più “semplici” da gestire, per una prima fase che punta a costituire piccoli allevamenti di animali da riproduzione e da macello con garantiti controlli sanitari».
Una volta che saranno in piedi anche le strutture per la macellazione, penseranno alla trasformazione della carne e degli altri prodotti alimentari, e avvieranno anche allevamenti di bovini da latte.
«Il nostro obiettivo è raggiungere una maggiore fertilità dei terreni agricoli, il benessere nutrizionale e la libertà finanziaria alle famiglie – spiega André, che ha le idee molto chiare sui prossimi passaggi; – Burundi Smallholders’s Livestock Network, questo è il nome dell’impresa, offrirà alimenti trasformati e non che rispettano gli standard di qualità nutrizionale, sensoriale e igienico-sanitaria in un ambiente dove scarseggiano queste competenze».
Insieme a lui, ci sono altri quattro soci, due donne e due uomini, tutti sotto i quarant’anni.
I suoi colleghi stanno lavorando già con un centinaio di famiglie coinvolte nel progetto, ma prevedono di allargare l’operazione a un migliaio di nuclei familiari entro tre anni, quando oltre all’allevamento ci sarà anche da produrre alimenti.
«Io, invece, sto gestendo il lavoro dall’Italia, e mi sto occupando soprattutto di procurarmi i fondi necessari per l’avvio completo dell’impresa, cercando tra investitori e partecipando a bandi di cooperazione internazionale».
Continuerà così per un paio d’anni, poi, quando avrà terminato anche il suo percorso di studi, raggiungerà i colleghi per lavorare con loro sul posto.
«Vogliamo tornare a casa: io, mia moglie e la mia bambina, che oggi ha tre anni. E un domani, chissà, se va bene questo progetto potrà essere replicato anche in altri paesi dell’Africa subsahariana».
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