mercoledì 19 febbraio 2014

Fermata: Bezzi - Trivulzio | L'animatrice della Baggina

Mirella è fuxia.
Se dovessi descriverla con un colore, direi fuxia. Brillante, allegra, forte, con un pizzico di frivolezza. È fuxia la sua voce, squillante e giocosa, lo è anche il suo sorriso, lo è lo sguardo birichino.
Ho pensato che fosse il colore giusto per lei quando ho visto la spilla che aveva sul maglione quando l'ho incontrata: fuxia, in feltro, decorata con due grossi bottoni gialli.
L'hanno fatta per lei alcune anziane ricoverate al Pio Albergo Trivulzio, “la Baggina”, storica casa di riposo milanese, e che oggi è diventata molto di più.

Molti degli anziani ricoverati qui sono affetti da Alzheimer, e lo sono anche molti di quelli che, ogni mattina, partecipano alle attività organizzate per loro negli spazi “del tempo libero” organizzati nei reparti del Trivulzio.
Mirella è la responsabile dell'animazione dal 2009, ma al Trivulzio ci lavorava già dal 1980, trent'anni in cui ha fatto l'assistente sociale. Quando è riuscita a ottenere di essere dedicata esclusivamente all'animazione, per lei è stata una grande gioia. E ha vissuto il passaggio con un entusiasmo che non si è spento nella quotidianità.
Sembra davvero che per lei, questo, sia il lavoro più bello del mondo.
Le sembra la cosa più bella che gli anziani, qui, al mattino, possano scegliere cosa fare, quando ormai sono abituati – a volte da anni – a una vita in cui tutto per loro è programmato da altri: che cosa mangiare, a che ora prendere la medicina, a che ora andare a letto. Il fatto che qui qualcuno come Mirella o le altre animatrici chieda loro «cosa vuoi fare stamattina?» a volte li manda in confusione.
«Davvero posso scegliere?», le domandano, e lei si stupisce tutte le volte di quel «Posso?» chiesto da persone che, magari, nella vita, hanno spesso deciso per altri. E che a volte però non se lo ricordano nemmeno, perché la loro memoria è tutta smangiata.

Quella mattina avevano in programma di fare le formine per l'albero di Natale con la pasta di sale, ma è andata a finire che le donne «hanno voluto fare i gnocchi. E non c'è stato niente da fare, si sono messe a impastare e poi a tagliare. Il problema è che, con gli Alzheimer, bisogna stare attenti a cosa combinano». Usano la pasta di sale perché non è raro che finisca in bocca, e per questo escludono il das o altri materiali. «È andata così anche stamattina: la Giovanna, dopo aver fatto i gnocchi, ha voluto anche provarli. E poi ha avuto da ridire: sono troppo salati, mi ha detto, non vanno bene, cara. Bisogna rifarli».
Lo racconta con una risata, come se parlasse di bambini che combinano pasticci. Non si lancia vincere dall'amarezza del pensiero che i suoi anziani, però, stanno all'altro estremo dell'arco della vita.
E porta con orgoglio quella spilla fuxia e gialla che rallegra il suo maglione e le sale di una casa di riposo.


Pio Albergo Trivulzio
Via A. T. Trivulzio 15
MM1 - Filobus 90/91 - Bus 72, 80

4 commenti:

  1. Bellissima anche questa storia... :-) Il tuo blog mi ricorda un libro che avevo letto, sempre su Milano, in cui si raccontavano delle storie molto belle di immigrati, nuovi milanesi. Anche lì le storie erano legate a luoghi della città. Mi era piaciuto molto... Caspita però, non mi ricordo né il titolo né l'autore: l'ho prestato ad un'amica che non me lo ha più ridato, ma se lo ritrovo te lo scrivo, secondo me piacerebbe anche a te!... ne avevo letto la recensione su Internazionale anni fa!
    ciao, Silvia

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  2. Sì, se lo ritrovi fammi sapere, sono molto curiosa, grazie!
    Invece, se a te interessa, ti segnalo io due titoli di racconti milanesi "legati" in qualche modo ai mezzi pubblici: "Cadorna non è una fermata" di Alessandra Giordano e "Babele 56" di Giorgio Fontana.

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  3. Esatto, Babele 56! Proprio lui! Ci ho messo un po' a ricordarmelo... Cercherò Cadorna non è una fermata, questo non lo conosco. Grazie!

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  4. Fontana lo intervistai per la radio per cui lavoro quando uscì il libro.. Pensa che allora avevo già l'idea di raccontare storie legate a un mezzo pubblico e inizialmente pensavo proprio alla 56 che percorre via Padova, ma dopo aver scoperto il libro avevo accantonato l'idea per non fare doppioni.. Ci ho messo un bel po' a riprenderla e rielaborarla!

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