«Il mio nome è Rasmia, sono siriana, di Damasco.
Oggi ho 23 anni.
Oggi ho 23 anni.
Durante la guerra, un giorno, mio padre andò dall'altra parte della città per lavoro e non tornò più. Non sapevamo dove fosse e con chi. Ogni tanto ci mandava un sms per avvertirci che era vivo e stava bene, ma non avevamo altra possibilità per comunicare.
Io, intanto, avevo conosciuto un uomo: ci siamo innamorati e sposati.
Insieme siamo scappati in Libia, ma anche lì la situazione non era affatto stabile.
Così, quando sono rimasta incinta, abbiamo deciso di cercare un luogo sicuro per il nostro bambino. E non c'era altra via se non quella di attraversare il mare per raggiungere l'Italia.
Insieme siamo scappati in Libia, ma anche lì la situazione non era affatto stabile.
Così, quando sono rimasta incinta, abbiamo deciso di cercare un luogo sicuro per il nostro bambino. E non c'era altra via se non quella di attraversare il mare per raggiungere l'Italia.
Pagammo molti soldi ai trafficanti, eppure ci trattarono come animali e ci caricarono in 380 su un piccolo peschereccio. Partimmo alle 3 di notte, e ora dell'alba le persone iniziavano a essere stremate: c'era chi vomitava, chi sveniva...
Le ore passavano e quello che si vedeva era solo cielo e mare, cielo e mare. Il sole iniziava a ustionarci, il peschereccio imbarcava acqua che doveva essere gettata fuori coi secchi.
Le ore passavano e quello che si vedeva era solo cielo e mare, cielo e mare. Il sole iniziava a ustionarci, il peschereccio imbarcava acqua che doveva essere gettata fuori coi secchi.
Poi successe una cosa.
Scoppiò un litigio e una donna molto grossa, per sfuggirne, cercò di scavalcarmi e mi calpestò la pancia. Urlai di dolore, ero sicura che avrei abortito, e svenni.
Quando mi svegliai sentii mio marito piangere, mi diceva «perdonami, è colpa mia, svegliati tesoro, ti prego... – E chiedeva – Datemi dell'acqua per favore, mia moglie sta morendo».
Quando mi svegliai sentii mio marito piangere, mi diceva «perdonami, è colpa mia, svegliati tesoro, ti prego... – E chiedeva – Datemi dell'acqua per favore, mia moglie sta morendo».
La nostra barca arrivò vicino a una piattaforma petrolifera: furono loro a mandarci una barca con le provviste d'acqua, e intanto chiamarono la guardia costiera italiana perché ci aiutasse.
Arrivò due ore dopo.
Uno dei soccorritori mi trasferì sulla loro imbarcazione, dove un medico mi visitò e diede le prime cure. Si spesero molto per aiutarci, furono molto attenti e rispettosi di tutti.
Arrivò due ore dopo.
Uno dei soccorritori mi trasferì sulla loro imbarcazione, dove un medico mi visitò e diede le prime cure. Si spesero molto per aiutarci, furono molto attenti e rispettosi di tutti.
Una volta in Italia, mi portarono in ospedale e fecero un'ecografia: fu lì, per la prima volta, che sentii il battito del cuore del mio bambino. Scoppiai a piangere, così felice che stesse bene.
A Milano, mentre ero in un centro di accoglienza, incontrai una famiglia italiana. Sono stati così carini con noi, ci hanno poi aiutato a raggiungere una città nel nord est dell'Italia, da cui siamo poi partiti per il nostro viaggio verso la Svezia. Avevamo degli amici lì, e quella era la nostra meta.
Abbiamo incontrato molte persone che ci hanno aiutato con dei piccoli consigli: forse non avrebbero potuto, ma ci hanno salvato la vita.
Fu un viaggio molto lungo, e arrivare fu una grande gioia.
Abbiamo incontrato molte persone che ci hanno aiutato con dei piccoli consigli: forse non avrebbero potuto, ma ci hanno salvato la vita.
Fu un viaggio molto lungo, e arrivare fu una grande gioia.
Dopo sei mesi abbiamo avuto riconosciuto il diritto a risiedere in territorio svedese.
Il mio bimbo è nato il primo marzo del 2015, e oggi compie un anno.
Ogni giorno prego di rivedere la mia famiglia: la guerra ci ha rubato tutti i momenti belli. Abbiamo perso parenti, amici, la nostra casa: abbiamo perso tutto.
Ci è rimasta solo la speranza: magari il domani sarà migliore, se Dio vorrà».
Il mio bimbo è nato il primo marzo del 2015, e oggi compie un anno.
Ogni giorno prego di rivedere la mia famiglia: la guerra ci ha rubato tutti i momenti belli. Abbiamo perso parenti, amici, la nostra casa: abbiamo perso tutto.
Ci è rimasta solo la speranza: magari il domani sarà migliore, se Dio vorrà».
Sto raccogliendo in questi giorni molte storie di profughi che sfidano il destino e il mare, per provare a cercare un futuro.
Molte mi lasciano con un nodo alla gola.
L'ho avuto anche traducendo le parole, vere dalla prima all'ultima, di questa ragazza siriana. L'unica cosa non vera è il nome, modificato per tutelare le persone coinvolte.
Ve la racconto oggi, per augurare “a better tomorrow”, come ha detto lei, al suo bimbo che oggi compie un anno.
Molte mi lasciano con un nodo alla gola.
L'ho avuto anche traducendo le parole, vere dalla prima all'ultima, di questa ragazza siriana. L'unica cosa non vera è il nome, modificato per tutelare le persone coinvolte.
Ve la racconto oggi, per augurare “a better tomorrow”, come ha detto lei, al suo bimbo che oggi compie un anno.
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