mercoledì 7 ottobre 2015

Dopo Expo? «Continueremo a battere il chiodo»

Luigi Bossi, alla Caritas, dona il suo tempo da ormai trent’anni.
In pratica, da poco dopo il famoso convegno Farsi Prossimo che si era svolto ad Assago nel 1986, per riflettere e tradurre in pratica l’omonima lettera pastorale del cardinale Martini.

«Iniziammo a lavorare, seguendo le indicazioni della diocesi e coordinandoci con il parroco, per costituire il gruppo Caritas nella mia parrocchia, nella frazione di Schianno vicino a Varese.
Ho anche aiutato, una decina di anni fa, a ricostituire la Caritas del decanato di Azzate che, dopo varie vicissitudini, si era sciolta. Ne sono stato responsabile fino a due anni fa, e poi ho lasciato l’incarico perché era ora di lasciare spazio ai più giovani».

Luigi, che oggi ha 65 anni, per una vita ha lavorato in banca nel settore informatico ed è andato in pensione sette anni fa.

«Quest’anno ero più libero dagli impegni, così ho visto la possibilità di fare il volontario in Expo come una grossa opportunità per sensibilizzare le persone su alcuni temi che ritengo fondamentali – racconta, – ad esempio che è possibile arrivare a sconfiggere la fame, perché le risorse del pianeta, anche se depauperate, consentono di nutrire tutti, basta che noi ricchi cambiamo i nostri stili di vita».

E su quel che rimarrà dopo Expo, Luigi pensa che nessuno, soprattutto chi ha lavorato e creduto a questi messaggi, dovrà abbandonare la missione di raccontarli.

«Chiedo e mi auguro che non venga dimenticato il discorso della condivisione equa delle risorse, perché in questi sei mesi abbiamo creato degli stimoli che però andranno a esaurirsi se non continueremo ad alimentarli.
Bisognerebbe continuare a inventare iniziative anche dopo, basterebbe che ciascuno lo facesse nella propria parrocchia o nel proprio territorio».

Poche sere fa nel suo oratorio è stata organizzata una “cena dei popoli”, sull’esempio di quanto fanno al Sermig: all’ingresso sono stati distribuiti dei biglietti, estratti casualmente, ai partecipanti. Pochissimi di loro hanno potuto sedersi a una tavola imbandita lautamente, la maggioranza invece ha avuto accesso a un tavolo dove è stato distribuito solo uno scarso pugnetto di riso.

«Una cena inequa, che ha fatto capire chiaramente a chi ha partecipato come l’accesso al cibo e alle ricchezze non sia una questione di merito, ma sia legato alla casualità di nascere da una parte o dall’altra del mondo.

Io penso che la nostra esperienza in Expo sarà servita se ciascuno di noi continuerà a battere il chiodo su questi temi, per arrivare a tutte le parrocchie, a tutte le persone, e continuare questa riflessione».


Questa storia è stata
pubblicata 
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sull'ExpoBlog di Caritas,
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