Elena è partita di nuovo, dopo aver pubblicato sul suo profilo Facebook la foto della sua valigia, pronta e chiusa.
Destinazione, questa volta, Kenya: a lavorare per un nuovo progetto umanitario.
Destinazione, questa volta, Kenya: a lavorare per un nuovo progetto umanitario.
Elena è una cooperante, ed è al suo
terzo progetto in un paese del Sud del mondo: prima in Nicaragua, poi
nella Repubblica Democratica del Congo, a lavorare soprattutto con le
donne.
Nel quartiere Nuova Vida, alla
periferia estrema di Managua, dove lei ha vissuto la sua prima esperienza di questo genere all'estero, l'associazione Redes de Solidaridad opera a sostegno di donne, bambini e disabili.
Donne e bambini, spesso, hanno subito violenze in famiglia o sessuali. La cultura machista e la povertà peggiorano le cose. Elena ha lavorato qui, in servizio civile, un anno.
Donne e bambini, spesso, hanno subito violenze in famiglia o sessuali. La cultura machista e la povertà peggiorano le cose. Elena ha lavorato qui, in servizio civile, un anno.
«Tra le esperienze che ricordo di più
– ha raccontato Elena – è
quella di un collettivo di donne che, grazie ad un programma di
micro-credito, ha potuto aprire una cartoleria-libreria e altre
piccole attività commerciali, recuperando fiducia in loro stesse e
contribuendo al reddito familiare».
Katako - Per la foto grazie a micascemi.org |
Qui, dove da tempo sono presenti le
suore della Riparazione, non c’è l’acqua corrente, non c’è
energia elettrica, non ci sono strade asfaltate.
La malnutrizione è la regola e le bambine raramente vanno a scuola, la parità di genere non esiste, la poligamia è molto diffusa, e molte ragazze sono già madri a 13 o 14 anni.
La malnutrizione è la regola e le bambine raramente vanno a scuola, la parità di genere non esiste, la poligamia è molto diffusa, e molte ragazze sono già madri a 13 o 14 anni.
Per questo, per migliorare
l'alimentazione degli abitanti hanno deciso di affidare alle donne
piccoli terreni perché vi impiantassero degli orti, e
contemporaneamente alle stesse donne le suore hanno insegnato a
cucinare gli ortaggi che producevano.
L'orto di Katako. Per la foto grazie a micascemi.org |
Uno dei primi giorni del corso Raphaël,
l’agronomo, ha chiesto alle giovani mamme: «Cosa avete mangiato in
questi giorni?».
La risposta è stata unanime: «Fou-fou na sombe, kila siku». E cioè polenta di manioca e spinaci di manioca, sempre, ogni giorno.
La risposta è stata unanime: «Fou-fou na sombe, kila siku». E cioè polenta di manioca e spinaci di manioca, sempre, ogni giorno.
La presenza fissa di Raphaël, insieme
al sostegno delle suore Figlie della Resurrezione, ha permesso alle
ragazze di coltivare ognuna un piccolo terreno, sul quale pianterà
carote, melanzane, pomodori, peperoni: tutte verdure assenti dal
paniere locale, composto al 90% dalla sola manioca, con conseguenti
ricadute in termini di malnutrizione, soprattutto dei bambini.
«Quando le suore arrivarono a Katako –
racconta Elena - regalarono le melanzane raccolte nel primo orto che
avevamo coltivato. Pensavamo che sarebbero state apprezzate. In
realtà abbiamo scoperto che i mariti delle donne si rifiutarono di
mangiarle. Ora, invece, dopo avere insegnato alle donne come
preparale le melanzane vanno a ruba e finalmente nelle famiglie del
villaggio non si mangia più solo e soltanto polenta e spinaci di
manioca».
E ora la valigia di Elena è pronta, e
noi stiamo in attesa dei suoi nuovi racconti.
(che si possono seguire qui, sul blog micascemi.org degli operatori e volontari all'Estero di CaritasAmbrosiana)
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